Dimentichiamo per un attimo il “terzo tempo di recupero” di sei minuti, dimentichiamo il capitano giallorosso entrato alla fine come un Tounkara qualsiasi, dimentichiamo quei fischi sui falli che non arrivavano e dimentichiamoci i “calzini”… dimentichiamo per un attimo la parte opposta e parliamo di Lazio.

 Dieci minuti è durato il dominio della Roma e poi arrembaggio biancoceleste. Non per caso, non per fortuna, solo per merito e l’anatema lanciato dai cugini mai voluti dopo quel 26 maggio è stato spezzato. Già la chiamano “Coppa del nonno”, ma son romanisti e si sa… ma dimentichiamoli per un attimo.

Sapete allo stadio tutto è differente e cerco di dimenticare anche quello che ho sentito tra gli spalti, le piccole “pecche” di qualcuno e celebro gli interpreti di una commedia finita tra gli applausi.

Milinkovic ha definitivamente conquistato un grande posto nel cuore dei supporters, è lui il primo a spezzare la maledizione della stracittadina. Poi arriva il gol tutto suo, quello di Ciro che ha gonfiato la rete ed ha esultato come fosse laziale da una vita, come fosse uno di noi, un “tifoso”. Felipe dall’inizio un pò sfocato, ma che può benissimo arrograsi il diritto del merito a metà sul gol del serbo. E poi si vede Lucas Biglia, amato ed odiato, contestato, che però ha fatto il “capitano” e nulla si dica più. Tra tutti questi però, ce n’è uno soprattutto: Thomas Strakosha, giovane portiere arrivato tra lo scetticismo perchè ha pagato pegno di essere un “panchinaro” della B ed una scelta di Tare data la medesima nazionalità. Thomas invece è salito in cattedra come fosse abituato a giocarsi il derby da sempre, non ha mai esitato, perso lucidità e per quanto mi possa piangere il cuore a dir ciò, ha sostituito Marchetti in modo esemplare e non ne ha fatto sentire la mancanza. 

Ma se c’è chi merita gli applausi è il nostro “Simoncino”; è la sua vittoria. Un allenatore tacciato di poca esperienza per guidare una panchina importante, colui che era stato un pò contestato per la scelta tecnica e la formazione avendo lasciato Keita in panchina, ha avuto ragione, ce l’ha fatta! Ha chiesto un atteggiamento, lo ha preteso ed ha contagiato i suoi. Lui che ha battuto il ben più navigato Spalletti che si era speso in parole d’elogio, perchè forse Lucianone l’occhio lungo lo ha.

Abbiamo vinto la nostra partita, a casa nostra, dna Lazio non è acqua è Bulgari! E mentre gli altri la iniziano a chiamare “Coppa del nonno”, questa giornata è ancora nostra!

 

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